venerdì 28 gennaio 2011

Mid season awards



Ci stiamo avvicinando alla pausa per l'all star game di scena allo Staples center di LosAngeles, la stagione Nba è giunta oramai alla metà del suo percorso e questi sono i miei personali awards per questa prima metà di regular season:

MVP: potevo scegliere Stoudemire che sta facendo impazzire il Madison, oppure Durant che sta guidando la lega come punti segnati, ma per questo inizio ho scelto Derrick Rose che sta portando i Bulls verso una stagione da assoluti protagonisti , infatti il nativo di Chicago viaggia a 24.6 PPG, 4.6 RPG, 8.1 APG e 1.1 SPG ed il record per i Bulls è il 2° migliore ad est e al momento parla di 31 W-14 L, un sensibile miglioramento rispetto all'anno passato che non esprime però le reali potenzialità dei Bulls visto che fino ad ora hanno giocato tutte le partite senza uno tra Boozer e Noah.... se son Rose fioriranno!!

Most improved player: più complessa la scelta del giocatore più migliorato, tanti nomi, Russell Westbrook, Aron Afflalo, Kevin Love, Eric Gordon, Dorrel Wright, giocatori che hanno sensibilmente aumentato le loro cifre realizzative, alcuni di essi spostano già parecchio, vedi Westbrook ai Thunder. La mia scelta però cade su Kevin Love, il prodotto di UCLA, che dopo i mondiali in Turchia e la cessione di Al Jefferson ha ricevuto le chiavi dell'area Wolves e la sta letteralmente dominando. Al momento in cui scrivo guida la Nba come numero di doppie doppe consecutive (33 and counting), è il miglior rimbalzista della lega con 15.7 RPG e a tutto questo unisce 21.7 PPG con il 44.7% da 3 e l'87 % dalla lunetta, numeri mostruosi per una ala grande- centro.

Rookie of the year: bhè qui ci sono pochi dubbi, anche se in realtà non è un primo anno ma un secondo anno, ma non avendo giocato nemmeno una partita lo scorso anno, ricade nella categoria rookie, sto parlando ovviamente di Blake Griffin, giocatore verticale e devastante come pochi, una all star senza ombra di dubbio che sta viaggiando a 22.6 PPG, 12.8 RPG e 3.5 APG, cifre che lo portano ad essere il miglior prospetto per il futuro in terra LosAngelina e fanno sognare i poveri tifosi Clips. Chissà se con il Barone, il miglioratissimo Eric Gordon e qualche acquisto mirato si ripotranno vedere i Clippers ai playoff? mai dire mai, anche se Sterling finisce sempre per deludermi.

Defensive player of the year: se ragioniamo in ottica Nba, il titolo probabilmente andrà ancora nelle mani di Dwight Howard, rimbalzista e stoppatore senza eguali, ma se analizziamo la difesa non solo come quantitativo di rimbalzi e stoppate, chi meglio di Kevin Garnett può essere l'emblema della difesa?! Da quando è ai Celtics ha rivoltato come un calzino la squadra, ha imposto la sua aggressività e la sua voglia, facendo diventare i Celtics il miglior team dal 2008 ad oggi nella propria metà campo. Infatti anche quest'anno i Celtics sono la miglior difesa NBA assieme agli Hornets e come sappiamo gli attacchi vendono biglietti, le difese vincono le partite, Kobe permettendo...


Coach of the year: senza nemmeno pernsare un secondo dico Tom Thibodeau, l'artefice assieme a Garnett della splendida difesa Celtics dal 2008 al 2010. Ma ora per Tom si è aperta la carriera da head coach, compito che sta svolgendo egregiamente anche ai Bulls ed il record dei Bulls dimostra la qualità del gioco complementare ad una solida difesa.

6th man: resto a Boston e dico Glen Davis per l'impatto che sta avendo dalla panchina, in una stagione iniziata senza Perkins e con un O'Neal a mezzo servizio, il colosso da Louisiana State ha raddoppiato il suo fatturato grazie alle sue sottovalutate doti di mid range shooter e alla difesa rocciosa contro avversari ben più alti di lui.

mercoledì 26 gennaio 2011

Are you ready to fight?


Poteva esserci qualcosa di più affascinante della sfida tra Chicago e Green Bay? Storicamente e romanticamente (passatemi il termine ) direi proprio di no. C’è la rivalità, mai affievolita, tra 2 nemiche di Conference ma c’è anche ben altro: la storia di un cammino compiuto parallelamente ,casco contro casco, fin dagli esordi di questo fantastico sport. Stiamo parlando infatti delle 2 franchige più antiche della NFL , da una parte i Packers fondati nel 1919 dall’altra i Bears che vedono la luce nel 1920 anno in cui nasce il football professionistico americano.

Dopo questo breve excursus, che mi sembrava d’obbligo, veniamo ai tempi nostri; la sfida vede da una parte la difesa Bears, dall’altra l’attacco Packers orchestrato sinfonicamente dall’ impeccabile QB Aaron Rodgers. Sulla carta Green Bay squadra più completa , oltre al già citato attacco può vantare una delle difese d’elite NFL, che trova in Clay Matthews il proprio cardine; dal canto suo Chicago può contare , oltre che sulla propria difesa, sul fattore campo in quanto l’attacco ha dimostrato in più occasioni di non essere ad un livello di eccellenza.

Pronti via Green Bay fa capire ai padroni di casa che non sarà una serata agevole (non che qualcuno in realtà lo pensasse) : drive di 7 giochi ,per 84 yards conquistate ,che culmina con un touchdown.

Rodgers può così alternare giochi di corsa e lanci iniziando a macinare yards su yards e impostando la gara in modo ideale per i suoi compagni. Nei primi due quarti Chicago è spettatrice non pagante della sfida : la difesa, in affanno, cerca di limitare i danni come può con Urlacher che si erge baluardo estremo mentre l’attacco…quale attacco? Non pervenuto. A tratti si ha quasi l’impressione che l’unico modo in cui i Bears possano segnare punti sia attraverso la difesa o gli special team.

Non bastasse questo arriva anche l’infortunio (reale o gonfiato ?) , causa sack subito, al QB Cutler autore fino a quel momento di una gara anonima.

Dentro per Chicago il QB di riserva Collins , anche lui costretto ad arrendersi nel giro di pochi minuti causa botta rimediata; la situazione per gli orsi è alquanto grottesca. Il terzo quarto scorre via tranquillamente con la difesa Bears che prova a salir di colpi con un paio di intercetti che non finiscono nel modo sperato.

Nell’ultima frazione la faccenda si fa più movimentata : a sostituire Collins ci pensa lo spaesato Hanie che comunque ha un discreto 8/14…… in carriera. Il dramma in casa Chicago sembra ormai alle porte quando Taylor con un guizzo porta la palla oltre la linea di meta avversaria dimezzando il distacco.

L’euforia dura poco perché per Green Bay ci pensa Raji, con intercetto e primo Td in carriera ,a ristabilire le distanze.

Ecco il sussulto di Hanie,ormai inatteso, che con un lancio da 35 yds manda a punti Bennet regalandoci un finale emozionante. Potrebbe essere la storia del secolo, il terzo QB che dal nulla porta al superbowl i Bears…roba che ad Hollywood già si stan fregando le mani. Purtroppo per Chicago la sceneggiatura non è quella lieta ed agognata perché Shields si impossessa dell’ovale disperatamente lanciato da Hanie e mette fine alla contesa.

Che dire , Green Bay ha meritato sicuramente di giocare questo Superbowl : attacco superiore in tutto che ha trovato in Rodgers il miglior QB della lega, Brady escluso. Sul versante Chicago è partita la caccia al colpevole che in questo caso è stato individuato piuttosto agevolmente. Cutler accusato da più parti, a fine gara, di scarso attaccamento alla maglia per aver abbandonato la contesa nel momento più complicato in cui il suo apporto era maggiormente richiesto. In poche parole è stata messa in dubbio quella che dall’altra parte dell’oceano viene chiama “toughness”, in senso lato la durezza del giocatore.

I commenti, soprattutto da parte dei colleghi che militano nelle altre squadre (citofonare Asante Samuel su tutti) , sono piovuti addosso a Cutler come grandine ma d’altra parte il mondo NFL, da questo punto di vista ,non è certo tenero. Vedremo se il povero Jay saprà rialzarsi in cerca di riscatto nella prossima stagione. Nel frattempo Green Bay stacca il biglietto per partecipare al XLV superbowl!

Sono giunto al termine…a breve troverete qualche pensiero sull’altra attesissima sfida tra NewYork Jets e Pittsburgh Steelers.

lunedì 24 gennaio 2011

Impressioni di metà stagione




In genere le conclusioni di metà stagione, quando si parla di NBA, si tirano a metà febbraio, quando i giochi si fermano per lasciare spazio alla partita delle stelle. Ma la voglia di parlare di quello che abbiamo visto finora, in una delle stagioni più attese degli ultimi anni, è più forte della tentazione di aspettare ancora un mese.
E allora, proviamo a tirare giù qualche impressione sui 3 mesi di regular season che sono passati sotto i nostri occhi.
Innanzitutto, mai come negli ultimi anni la lotta per il titolo era stata aperta a così tante squadre: tra campioni in carica (i Lakers, che però sembrano in leggero calo) vecchi classici tornati di moda (Boston e Celtics), nuove contender rinvigorite dalle decisioni di fenomeni che hanno portato i loro talenti giù a South Beach, la corsa per il titolo sembra essere quest'anno più avvincente che mai.
Finora, quasi tutte le squadre fin qui citate hanno alternato momenti brillanti e pause fisiologiche. Solo i San Antonio Spurs hanno sempre tenuto, soprendentemente, lo stesso altissimo ritmo, trascinati da un Manu Ginobili che sembra aver preso coscienza del suo ruolo di leader tecnico ed emotivo, da un Tim Duncan che non vuole arrendersi al peso dell'età che avanza, e da un Tony Parker tornato, a livello di cifre, molto vicino al top della sua carriera. Aggiungeteci l'apporto di giovani che sembrano già saggi, come Blair e Hill, e avrete la miscela vincente degli Spurs di Popovich, ad oggi la miglior squadra della Lega. Certo, bisognerà vedere come arriveranno a maggio, se pagheranno la fatica di 82 partite giocate a ritmi sorprendentemente alti se paragonati a quelli cui ci avevano abituati i bianconeri: ma finora, per il titolo dobbiamo assolutamente fare i conti con loro.
Rimanendo ad ovest, la candidata più credibile al ruolo di anti-Spurs è ovviamente la squadra campione in carica. I Los Angeles Lakers stanno vivendo una stagione assolutamente imprevedibile, difficile da leggere e spiegare. Sconfitte interne con squadre nettamente più deboli, vittorie convincenti con squadre difficili da affrontare, prestazioni altalenanti, troppo spesso dipendenti dai capricci di un Kobe che ogni tanto sembra voler rimarcare il possesso della squadra, in risposta a compagni che tendono ad eclissarsi dal gioco. Finchè Pau Gasol ha girato a livelli altissimi, per i Lakers sembrava andare tutto bene; quando il catalano ha avvertito un pò di stanchezza e ha rallentato i ritmi, per i gialloviola le cose si sono messe male. L'impressione è che stiano tirando il freno a mano e nascondendo le carte in vista dei playoff, dove comunque bisognerà tirare fuori il meglio per metterli al tappeto. Certo, se chiuderanno la regular season con un record che non gli garantirà il fattore campo nell'eventuale finale di conference, le chances di fallire aumenteranno esponenzialmente. Riuscirà coach Jackson, al probabile passo d'addio, a rimettere in riga i suoi, come ci ha sempre abituato?
Spostandoci ad est, troviamo in vetta un'altra vecchia conoscenza, la Boston degli "old" big 3, anche se ad oggi risulta davvero difficile non considerare Rondo un big, quindi tanto vale abbandonare la consueta classificazione. Rondo sta dominando letteralmente la classifica degli assistmen (considerazione personale: cifre un pò gonfiate dal modo di giocare di Rondo, che spesso rinuncia a tiri facili o addirittura in contropiede lascia la palla al compagno che lo segue a rimorchio in 2vs0), Allen tira con percentuali quasi irreali, e Pierce e Garnett danno il tocco di carisma ed esperienza che serve per guidare la squadra. Come al solito, in primavera per passare al bollente Boston Garden (perchè a noi non interessano le sponsorizzazioni commerciali delle arene NBA) serviranno coraggio e voglia di sbucciarsi le ginocchia.
A maggio intendono arrivare concentrati anche i "new" big 3, quelli giovani di Miami, che vogliono aprire da quest'anno la loro dinastia. Miami, quando ha vinto, lo ha fatto col botto: la vittoria di Natale a Los Angeles ha dimostrato che se Lebron, Wade e Bosh giocano al loro meglio, è difficile batterli. I problemi, ovviamente, verranno anche qui tra qualche mese.Il basket dei playoff è molto diverso da quello della regular season, e spesso gli isolamenti per le superstar non pagano (chiedere a Lebron che con i suoi Cavs ha inanellato delusioni cocenti proprio per l'impossibilità dei compagni di dargli una mano sostanziosa nel vincere le partite).
Ovviamente anche qui una finale di conference Boston-Miami sarà materiale per palati fini. Provate ad immaginare due finali di conference, a Est e Ovest, tirate fino a gara 7...acquolina in bocca sin da ora.
Ma gli altri? Staranno a guardare? Le outsider sono comunque in agguato: Orlando, Atlanta, Dallas, Oklahoma City, Utah, potranno comunque dare del filo da torcere a chiunque, e probabilmente la lotta per il titolo si deciderà anche in base alle energie rimaste dopo le battaglie dei primi turni; pensate l'anno scorso a quanto i Lakers abbiano faticato per far fuori Durant e soci al primo turno...
Quando arriva aprile?

giovedì 20 gennaio 2011

Lakers World


Ciao a tutti, mi presento, sono Matteo Plazzi, Peo per tutti e in questo blog mi occuperò esclusivamente di NBA ed in particolar modo della realtà "fortunata" Losangelina. Seguo il mondo NBA dal lontano 1999, la stagione del lock out post Jordan ed è stato un amore vero sin dal 1° minuto, sin dal 1° ASB comprato. Poi sono arrivati Kobe e Shaq e il magnifico three peat che ho seguito e divorato grazie all'allora Tele+ e ai mitici commenti di Flavio Tranquillo e Federico Buffa e nella mia memoria resterà indelebile la Finale di Conference 2002 tra i Lakers e i Kings, a mio parere la più bella serie di playoff post Jordan. Dopo avervi annoiato con questo excursus storico, mi dedico all'attualità e all'analisi della situazione in casa gialloviola.

Come tutti sapete in casa Lakers si respira un'aria particolare, siamo di fronte probabilmente all'ultima fatica di coach Phil Jackson, che tenterà di portare a 6 il computo degli anelli vinti a LosAngeles e a 12 il suo totale. Al momento in cui scrivo il record "Purple and Gold" parla di 31W e 13L, insomma un inizio stagione tutt'altro che positivo, visto che le dirette concorrenti sono a 6 e a 3 vittorie di distanza e avere il miglior record nella Lega è molto importante perché garantisce il fattore campo e visti gli andamenti degli ultimi playoff è fondamentale giocare in casa più partite possibili. Ma cosa non ha funzionato in questo inizio stagione? E dire che il roster è stato rinforzato con l'arrivo del bad boy Matt Barnes, salito alla ribalta lo scorso anno per una lite con Bryant e Odom, con il piccolo Steve Blake, playmaker intelligente, adatto alla triple post offense e con Theo Ratliff il centrone dalla secolare esperienza. Un inizio scoppiettante, 8 vittorie consecutive per aprire la stagione, Gasol e Odom dominanti, Bryant che recupera condizione dopo l'intervento estivo al ginocchio e poi a fine novembre il periodo buio, con 4 sconfitte consecutive, un record nell’era Gasol, mai i Lakers avevano perso così tante partite consecutive dal febbraio 2008, anno dell’arrivo di Pau alla corte di Phil Jackson. Alcune sconfitte casalinghe veramente imbarazzanti, contro Indiana, Milwaukee e Memphis in cui la squadra è sembrata spaesata e incapace di difendere, con un Gasol visibilmente stanco e improduttivo e un Artest che (non basterebbero mille parole per descriverlo) dire deleterio è un complimento. Preciso che adoro Ron Ron, un cagnaccio del campo da gioco, un giocatore rude e possente, capace di segnare in ogni modo e che fa della difesa la sua ragione di vita, ma anche un fenomeno mediatico senza precedenti, vedi la bellissima conferenza post titolo e l’ormai famoso “Kobe passed me the ball!!!”. Ma ci sono alcuni aspetti del personaggio che non comprendo, anzitutto l’inspiegabile perdita di 12 kg durante la off season, 12 kg di massa muscolare importanti per un difensore come lui, dedito alla marcatura dei pezzi grossi LBJ, Pierce e Durant, poi la voglia di giocare in NFL e la totale impresentabilità sul rettangolo di gioco. E dire che Odom era partito con la carica giusta, gran medie dal campo, concentrato e produttivo come non mai e non il solito svogliato che decide di giocare a sprazzi. La cosa che mi preoccupa di più è che al momento i Lakers hanno avuto un calendario favorevole in cui hanno affrontato solo 11 volte team con record sopra lo 0.500, vincendo solo 5 volte. Però, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, la stagione è solo alla metà del cammino, non me la sento di scommettere contro i bicampioni, anche perchè analizzando la situazione dell'anno passato di questo periodo i lacustri contavano lo stesso numero di W e qualche sconfitta in meno (31W-9L per l’esattezza), ma c'è da tener conto che lo scorso anno Bryant mise a referto una serie di buzzer beater vincenti, vedi Heat,Bucks e Kings che riporterebbero il computo W-L al livello odierno.... insomma in questa squadra credo ancora, il talento è tanto e dal ritorno di Bynum il minutaggio di Gasol è sensibilmente calato e l'impatto di Drew si è fatto sentire, parlo di 10W e 3L da quando parte in quintetto!! Il problema quando si parla di Bynum è sempre quello, riuscirà il centrone a concludere una stagione?! Speriamo e probabilmente rivedremo la parata in Figueroa Street. Dopo questa gufata vado a toccar ferro. Saluti dallo Staples

lunedì 17 gennaio 2011




Il trionfo delle difese!
Non ci poteva essere immagine migliore per centrare il comune denominatore delle vittorie che porteranno 2 tra Steelers, Bears,Packers e Jets a giocarsi il Superbowl.
Non vedo l'ora..

domenica 16 gennaio 2011

Jets - Patriots 28-21... New York annichilizza l'america

La legge dei grandi numeri colpisce ancora una volta New England. Dopo l'incredibile sconfitta nel superbowl del 2007 ad opera dei Giants, al quale arrivarono imbattuti, i Patriots crollano ancora una volta senza dare il minimo preavviso.
Erano 3 mesi che Brady non lanciava un intercetto, possibile continuare così?
E' più di un anno che NE non rimane a secco di TD nel primo tempo, prima o poi dovrà succedere?!
L'attacco non perde un colpo, arriverà il giorno nel quale qualcosa in quel meccanismo perfetto si romperà...
Questa, signori, è la legge dei grandi numeri. Ma è quindi questa la causa di tale incredibile upset...?
No, sono i Jets!!!



La partita inizia come era lecito aspettarsi. Sanchez continua a lanciare con poca precisione, proseguendo il momento no che ha attraversato lungo l'intera seconda metà di stagione, nonostante la difesa dei Patriots fin dall'inizio si dimostri più generosa del solito per quanto riguarda il passing game. Sulle corse rimane invece attentissima e Tomlinson può solo raccogliere le briciole. Il primo vero colpo di scena lo mette a segno Brady, lanciando il primo intercetto da qui a 91 giorni fa esatti. Nonostante tutto, questo rimane un errore senza conseguenze, visto che una difesa da incorniciare costringe i Jets al field goal dalle 30 yards circa, sbagliato da Folk.
Vanificata così la cavalcata da 58yd di Harris post-intercetto, il primo quarto si chiuderà con il field goal di Graham dalle 34 che marcherà l'unico vantaggio NE del match.
Dal secondo quarto in poi inizia la partita perfetta di New York. Sanchez torna quello delle prime 8 partite di regular season, non lancerà neanche un intercetto per il resto della partita e chiuderà con un buon 16 su 25 per 194 yd totali, con ben 3 TD pass.
Ha tempo per pensare, è freddo nei momenti cruciali, non butta via un pallone ed evita i blitz in maniera superba. Un grosso aiuto gli arriva da un rinato Tomlinson, quanto mai puntuale nel bucare la difesa bostoniana quando meno se lo aspetta, e soprattutto da Holmes, il quale ancora una volta ci dimostra che la sua carriera è lungi dal terminare.
Ma tutti danno il loro contributo e, infatti, a colpire alla fine del match è l'uniformità con la quale le stats si distribuiscono sui diversi interpreti di ogni ruolo: nessuno raggiunge le 100 yds nè le 5 carries, inoltre ognuno dei 4 TD viene da un diverso giocatore (Tomlinson, Edwards, Holmes e Greene).
Il contributo principale per la vittoria arriva però principalmente dalla difesa. Il defensive end Shaun Ellis è autore di una partita perfetta, condita da due sack su Brady che potevano anche essere 3 con un po' di fortuna. Più di una volta ferma sul nascere le partenze del terribile Woodhead e non sbaglia letteralmente nulla.
Per essere precisi, lasciando momentaneamente in secondo piano l'inizio di terzo quarto, è l'intera difesa che esegue e si muove con una precisione sconvolgente, scegliendo sempre la disposizione migliore per imbrigliare NE e costringere Brady ad inventare dal nulla.
Dall'altra parte, personalmente non avevo mai visto i Patriots così in difficoltà. Vanno al riposo sotto 14 a 3, senza neanche una meta all'attivo, come non succedeva da oltre un anno (l'ultima volta contro i Dolphins), e faticano nel completare ogni singolo down.
Brady chiuderà con addirittura 5 sack, 1 intercetto e 299 yard completate, grazie però a 45 lanci di cui 29 completati. Branch e Welker si fanno vedere solo dal terzo quarto in poi quando il TD e il gioco da 2 punti convertito sembrano rimettere le cose a posto.
I sogni di recupero si infrangono sulla giocata chiave della partita, quella che toglie ogni speranza ai favoriti per la vittoria del Superbowl: Cotchery ritorna il kick dei Patriots sulle loro 12 dopo una corsa di 58 yards; la premiata ditta Sanchez-Holmes farà il resto confezionando un incredibile TD grazie a una strepitosa giocata del vecchio Santonio, che ora incontrerà i vecchi compagni di Pittsburgh.

Buona fortuna allora New York e buona fortuna a Mark Sanchez, secondo anno che si conferma uno dei migliori prospetti nel ruolo attualmente in circolazione. Per lui molti vedono un futuro roseo e luminoso, intanto si consola battendo prima Manning e poi Brady...diciamo che anche il presente non fa schifo, attendendo lo scontro con Big Ben Rothlisberger...
Buone vacanze Patriots!!! Anche quest'anno siete riusciti ad ottenere quello per cui molti di noi lottano o lotteranno nei prossimi anni...vacanze più lunghe di quelle che speravate!!!

giovedì 13 gennaio 2011

American Madness...è solo l'inizio!

Questo blog nasce dalla voglia di dar spazio, anche in Italia ,agli sport più rappresentativi d’oltreoceano;  a brevissimo qui su American Madness potrete trovare articoli, video, ultime news e , perché no, pensieri sparsi che vi accompagneranno all’interno di questo fantastico mondo.
L’idea iniziale è partita da 3 amici, letteralmente malati di sport amaricani , ma il progetto è aperto a chiunque condivida con noi la stessa passione e voglia contribuire all’espansione di questo blog  in qualsiasi modo.
Con questa breve presentazione iniziamo la nostra avventura!
Pago, Simo, Aimo