lunedì 14 marzo 2011

March Madness: ready to start!



March Madness: due parole che racchiudono tutto quello che succederà nelle prossime tre settimane catalizzando l’attenzione dell’America sportiva ma anche di tanti appassionati oltreoceano (come noi).
Ieri il comitatone ha deciso il bracket che ci porterà alle Final Four di Houston, dal 2 al 4 aprile prossimi. Andiamo allora a vedere il tabellone nel dettaglio, e scopriamo, Regional per Regional, cosa ci aspetterà a partire da martedì (in realtà il primo turno è una novità di quest’anno, il vero e proprio primo turno sarà quello di giovedì e venerdì), quali sono le favorite e quali i giocatori da tenere d’occhio.

East: Senza dubbio il Regional più bello, ovviamente anche quello più complicato. Ohio State ha preso senza discussioni il seed #1, ma tra le candidate al titolo nazionale è anche quella che per arrivare a Houston avrà la strada con più ostacoli. Già dopo il primo turno infatti, troverà una tra George Mason e Villanova, non proprio brillantissime quest’anno, ma comunque ossi duri se le devi affrontare già prima delle Sweet 16. E poi? Kentucky, con Brandon Knight e Terrence Jones pronti a dare battaglia, Syracuse che, anche dopo la brutta eliminazione al torneo della Big East, può dare fastidio a chiunque, e, soprattutto una North Carolina che non bisogna già dare per morta. I Tar Heels hanno fatto un brutto torneo di conference, conclusosi con una pesante sconfitta in finale contro Duke, senza mai avere realmente la chance di giocarsi il titolo. Ma già le due partite tirate contro Miami e Clemson avevano fatto intuire che UNC aveva qualche problema. Poi ovviamente al torneo la classe di Harrison Barnes e la voglia di Tyler Zeller sono fattori che possono fare la differenza e portare North Carolina almeno alle Elite Eight. Ma per battere Ohio State nel probabile scontro alle Elite Eight, con i Buckeyes che possono contare sulla solidità di Sullinger e sui canestri di Jon Diebler, ci vorrà un gran bello sforzo.

West: Dopo la roboante vittoria di ieri contro North Carolina, il seed #1 di Duke è sembrato più che meritato, soprattutto in considerazione del fatto che i Blue Devils hanno giocato quasi tutta la stagione senza Kyrie Irving. Ma con un Nolan Smith in queste condizioni (partita clamorosa ieri contro UNC, stagione clamorosa da gran realizzatore in generale), con Seth Curry e Kyle Singler a crivellare le retine avversarie, e con i due Plumlee a lottare sotto canestro, la profondità della squadra di coach K non può non sembrare vincente.
Ma anche qui la concorrenza è agguerrita: tra le tante spicca una delle sorprese positive di questa stagione: San Diego State. Trascinati a suon di doppie doppie dal big (non tanto) man Kawhi Leonard, gli Aztecs potrebbero avere il non trascurabile vantaggio di giocare il Regional quasi in casa ad Anaheim. Il loro principale ostacolo alla corsa verso Houston ha però un nome e un cognome che in questa settimana sono stati sulla bocca di tutti: Kemba Walker. La funambolica PG newyorkese (Bronx, per essere precisi) ha infatti portato di forza,con 4 prestazioni assolutamente devastanti, i Connecticut Huskies a vincere il titolo della Big East, sotto gli occhi esterrefatti ed entusiasti del Madison Square Garden. Il comitato a quel punto non ha potuto che premiare gli Huskies con un meritatissimo seed #3, che comunque li metterà, dopo il primo turno contro Bucknell, quasi sicuramente sulla strada di Cincinnati (Missouri permettendo).
Occhio anche a una delle partite più interessanti e a rischio upset della prima settimana: Arizona-Memphis. Derrick Williams, il sophomore di Arizona, nonché uno dei migliori giocatori di post che potrebbero entrare nel prossimo draft, dovrà vedersela contro dei Tigers che avevano iniziato la stagione con il favore del pronostico, salvo sciogliersi come neve al sole strada facendo. Ma, a marzo, il dio del basket può spesso fare scherzi inattesi, e Memphis è una bomba pronta a esplodere. Infine, occhio anche a Texas, squadra abbastanza indecifrabile quest’anno, ma che vale la pena di seguire per dare un’occhiata all’interessantissimo Tristan Thompson, freshman of the year della Big 12.

Southwest: Qui invece, personalmente, regnano indecisione ed equilibrio. Kansas, Notre Dame, Purdue, Vanderbilt, Louisville. Dalle Sweet 16 in poi potrebbe succedere qualsiasi cosa, e occhio anche a Georgetown se la loro point guard Chris Wright ritorna in tempo dal suo infortunio (altrimenti, potrebbero anche rischiare di andare fuori subito, contro la vincente dell’interessante scontro tra USC e VCU).
Ben Hansbrough, fratello minore di Tyler, può trascinare Notre Dame avanti nel torneo, e Vanderbilt può fare lo scherzetto a Kansas (tra i Jayhawks, occhio a Marcus Morris, ala versatile e realizzatore mica da ridere). Altro nome secondo me da tenere d’occhio è JaJuan Johnson di Purdue, 20 e 8 di media quest’anno, e un talento che può permetterti di fare strada in questo torneo.
Ma ripeto, fare un pronostico qui è praticamente impossibile, aspettiamo le prime partite per poter vedere e dire qualcosa in più.

Southeast: Anche qui tanta carne al fuoco, e pochissime certezze: almeno cinque o sei squadre potrebbero, senza destare sorpresa, ambire a raggiungere le Final Four. Il seed #1 se l’è preso Pittsburgh, che però non ha fatto grande impressione al torneo della Big East (sbattuti fuori dall’ormai classico buzzer beater di Kemba Walker…).
Florida ha un seed troppo alto per quello che ha fatto vedere quest’anno, e da quel lato del tabellone tante squadre potrebbero provare a fare strada: i Michigan State Spartans di Tom Izzo, che, ogni anno a marzo sono lì a lottare con le migliori, potrebbero essere già un cliente pericoloso, se superano l’ostacolo UCLA (abbastanza deludente fin qui) alla prima partita.
Il protagonista di questo torneo potrebbe però essere Jimmer Fredette, che ha fatto già parlare tanto di sé quest’anno per alcune prestazioni incredibili, ultima quella della settimana scorsa con i 52 punti contro New Mexico. Se Jimmer ripeterà prestazioni come queste, la sua BYU potrebbe arrivare lontano, complice un tabellone non proprio insidioso. Nella parte alta del bracket, occhio a Butler, altra possibile sorpresa.

Cosa aggiungere? Aspettiamo con ansia l’inizio di questo torneo, che come al solito ci terrà incollati agli schermi (a proposito, tutto il torneo è in streaming online grazie all’ottimo servizio della CBS, all’indirizzo mmod.ncaa.com) e godiamoci queste tre settimane che, come al solito, riserveranno sorprese ed emozioni.

venerdì 11 marzo 2011

Lakers-Heat part II

Dopo 8 vittorie consecutive a seguito dell’All Star Break i Lakers si fermano a Miami, che invece ritrova la vittoria sul campo amico.

Il palcoscenico di inizio gara è di Kobe Bryant che segna i primi 10 punti gialloviola nei primi 5 minuti. Gli Heat restano comunque a contatto dominando sotto le plance e forzando ben 4 palle perse dei lacustri sempre nei primi 5 minuti. Si capisce subito che sarà un match combattuto ed infatti le due squadre restano sempre a contatto.

Negli ultimi tre minuti del primo quarto parte la sfuriata degli Heat, prima sull’asse James-Wade e poi dall’arco con Mario Chalmers che piazza ben tre triple. Avvicinandosi alla fine del quarto Lebron ci regala due perle clamorose: uno spin move in penetrazione contro Lamar Odom con cui segna i punti 5 e 6 della sua partita e il buzzer beater su layup con esitation in aria quasi “eterna”.

Nella seconda frazione di gioco entra in partita per i padroni di casa anche Chris Bosh, che alla fine chiuderà il primo tempo con 16 punti e il match con 24. L’ex Raptor sembra incontenibile in post basso soprattutto quando è imbeccato da assist immaginifici del nativo di Akron. Anche dalla panchina arriva un contributo importante: Mike Miller si dimostra molto aggressivo segnando due triple e catturando ben 3 rimbalzi offensivi. Questo è sicuramente il topic più importante del primo tempo, cioè lo strapotere degli Heat sotto canestro (12 rimbalzi offensivi arrivati all’intervallo lungo).

I Lakers d’altro canto riescono a reggere e ad andare negli spogliatoi sotto solamente di due punti, anche grazie a un Ron Artest che piazza una bomba da dietro l’arco e ruba palla a Wade scatenando il contropiede gialloviola.

Phil Jackson deve aver sicuramente strigliato i suoi durante l’intervallo perché ad esempio Bynum, dopo aver catturato un solo misero rimbalzo in tutto il primo tempo, ne prende ben 7 nel terzo quarto. La difesa gialloviola poi produce altrettante palle perse degli Heat. Il quarto si caratterizza però soprattutto per le basse percentuali di entrambe le squadre.

Lebron segna con un arresto e tiro a due decimi dalla fine del quarto e il punteggio dice 70-68 per LA.

Nel quarto quarto entra in partita anche Mike Bibby che segna due canestri da tre cercando di dare la spinta decisiva ai suoi. Le basse percentuali ai liberi degli Heat però non sono rassicuranti calcolando anche che nell’ultimo periodo prima o poi Kobe l’avrebbe rimessa dentro. Già, dico rimessa dentro perché dopo il 4/4 iniziale per il mamba c’è stato solo un pessimo 2/11 con gli ultimi 7 tiri del terzo quarto sbagliati. Ma appunto siamo nel quarto finale: la sua zona spesso e volentieri.

Negli ultimi 4 minuti Bryant piazza due bombe, imbeccato dal duello contro D-Wade il quale attacca il canestro in questo modo : http://www.youtube.com/watch?v=XSBZ3YYaDl8&feature=player_profilepage .

A poco più di un minuto e mezzo dalla fine del match Kobe perde palla contro Wade che scatena il contropiede chiuso da una schiacciata di Lebron. Poi la scossa finale la dà di nuovo Wade in penetrazione: http://www.youtube.com/watch?v=DikQpH4MB5Y&feature=player_profilepage .

Artest sbaglia un canestro facile a rimbalzo e Kobe perde la spicchi sulla linea di fondo.

Palla per gli Heat che però viene persa da Wade, ma solo primo ferro per Bryant che ci prova con una tripla da lontanissimo. Sul rimbalzo Ron Ron commette fallo su James che fa 2/2 in lunetta; +6 Heat a 19 secondi dalla fine.

Niente da fare per i Lakers però che non trovano la retina né con Bryant (long two) né con Da Fish e Gasol (entrambi da tre).

Prima vittoria di Miami contro una squadra con record vincente dal 3 Febbraio e sicuramente gli 8 punti di Wade nell’ultimo quarto sono stati decisivi come ha ammesso Bryant: “ Non abbiamo protetto il canestro e lui ne ha approfittato in penetrazione”.

Per dare altre cifre emblematiche al risultato finale segnalo il 29% dal campo per i lacustri nel secondo tempo.

Quarta vittoria consecutiva per Lebron James contro i Lakers e un match quasi da tripla doppia.

Phil Jackson ha ammesso di non apprezzare più di tanto il gioco degli avversari ma crede che li incontrerà di nuovo molto presto… Boston e Chicago permettendo aggiungo io.

martedì 8 marzo 2011

The New Eastern Conference

Dopo la trade deadline lo scenario NBA è cambiato radicalmente. L’Est è diventato ancora più competitivo e ricco di stelle con l’arrivo nella Grande Mela di Anthony e quello di D-Will ai Nets. Ma non è dei suddetti che voglio occuparmi bensì di quelle squadre che sono in vetta alla Conference.

BOSTON CELTICS:

I campioni della Eastern Conference si sono scatenati nel mercato dei free agents e nelle trades. Da OKC sono arrivati Jeff Green e Nenad Krstic più una prima scelta protetta nel draft 2012, in cambio di Nate Robinson e Kendrick Perkins.

Ricordo di aver seguito in diretta su ESPN lo speciale sulla trade deadline e di come tutti gli esperti fossero d’accordo nel ritenere una follia l’azione dei bianco verdi. Ebbene giorni dopo si è scoperta la “magagna”: sia Perkins che Robinson hanno problemi fisici ed infatti staranno fuori almeno 3 settimane. Doc Rivers ha ammesso pubblicamente che l’organizzazione era al corrente della condizione dei due giocatori dimostrando tutto il cinismo dei Celtics nella loro caccia al titolo. Se non ora, quando?

Questo pensiero è specchio anche delle firme di Troy Murphy e di Carlos Arroyo, guarda caso tutti e due strappati agli Heat sebbene in modalità diverse. Il primo, dopo aver ricevuto il buyout, è stato conteso fra le due squadre di cui sopra ma alla fine ha scelto Boston per motivi tecnici di sistema di gioco. Il portoricano invece è stato liberato proprio dagli Heat non appena è arrivato Bibby a South Beach.

Per fare il punto della situazione ora Boston è la squadra più lunga della lega anche se non tutti e due gli O’neal dovessero essere disponibili, ed è prontissima a tagliar fuori Dwight Howard sotto canestro ed eventualmente a contenere i lunghi giallo viola a Giugno. Importantissima anche la firma di Arroyo che potrà dare più riposo a Rondo e comporta maggior affidabilità nel trattamento di palla che non un Nate Robinson.

CHICAGO BULLS:

La squadra della windy city si sta affermando sempre di più come seconda potenza a est (vedere le recenti vittorie contro gli Heat). Lasciato partire Johnson per Toronto in cambio di una prima scelta al prossimo draft, è arrivato alla corte di D-Rose Rasual Butler. L’ex Clipper aveva suscitato l’interesse anche dei Boston Celtics ma alla fine darà una mano ai tori potendo essere impiegato sia come riserva di Deng o magari come SG titolare al posto di Bogans. Questa scelta tattica la prenderà l’indiziato numero uno per l’award di allenatore dell’anno. Squadra da tenere d’occhio dunque, specialmente con l’avvicinarsi della postseason.

MIAMI HEAT:

Ora che il mondo ha quello che vuole (parole di Wade), cioè che gli Heat perdano più gare possibili, l’arrivo di Mike Bibby non sembra particolarmente fondamentale nell’economia della squadra. Finora infatti i minuti nella posizione di PG sono stati di più per Chalmers piuttosto che per l’ex Hawk.

Per i ragazzi di coach Spoelstra sarebbe più indicato trovare continuità in difesa e organizzare l’attacco a metà campo coinvolgendo tutti gli attori invece che fra recitare monologhi ai big three. Io credo che questo sia un anno di transizione per gli Heat e che dall’anno prossimo, magari con qualche altro movimento sul mercato, potranno realmente puntare al titolo. Questa è solo la mia opinione; un certo Pat Riley potrebbe smentirmi già nei prossimi giorni…

ORLANDO MAGIC:

Saldamente aggrappati alle enormi spalle di Dwight Howard i Magic sono un avversario pericoloso per chiunque. Il loro mercato si è sviluppato sostanzialmente a Dicembre con uno scambio che ha fatto molto discutere perché ha spedito, fra gli altri, Gortat in Arizona. Nonostante E.Clark stia trovando spazio nelle rotazioni di coach Van Gundy e Brandon Bass stia consolidando il suo ruolo ho l’impressione che il polacco fosse un backup di Howard migliore e più efficiente sul pick&roll.

Dal perimetro si continua a “sparare”, ma ultimamente le difese avversarie preferiscono far segnare 30 o più punti ad Howard piuttosto che mettere in ritmo gente come Jason Richardson. Una soluzione che il più delle volte funziona, tutt’al più ora che Superman ha raggiunto il limite di falli tecnici consentito dal regolamento e dovrà tenere sotto controllo i nervi contro i vari Shaq, Noah o Dampier che gli si butteranno letteralmente addosso.

venerdì 28 gennaio 2011

Mid season awards



Ci stiamo avvicinando alla pausa per l'all star game di scena allo Staples center di LosAngeles, la stagione Nba è giunta oramai alla metà del suo percorso e questi sono i miei personali awards per questa prima metà di regular season:

MVP: potevo scegliere Stoudemire che sta facendo impazzire il Madison, oppure Durant che sta guidando la lega come punti segnati, ma per questo inizio ho scelto Derrick Rose che sta portando i Bulls verso una stagione da assoluti protagonisti , infatti il nativo di Chicago viaggia a 24.6 PPG, 4.6 RPG, 8.1 APG e 1.1 SPG ed il record per i Bulls è il 2° migliore ad est e al momento parla di 31 W-14 L, un sensibile miglioramento rispetto all'anno passato che non esprime però le reali potenzialità dei Bulls visto che fino ad ora hanno giocato tutte le partite senza uno tra Boozer e Noah.... se son Rose fioriranno!!

Most improved player: più complessa la scelta del giocatore più migliorato, tanti nomi, Russell Westbrook, Aron Afflalo, Kevin Love, Eric Gordon, Dorrel Wright, giocatori che hanno sensibilmente aumentato le loro cifre realizzative, alcuni di essi spostano già parecchio, vedi Westbrook ai Thunder. La mia scelta però cade su Kevin Love, il prodotto di UCLA, che dopo i mondiali in Turchia e la cessione di Al Jefferson ha ricevuto le chiavi dell'area Wolves e la sta letteralmente dominando. Al momento in cui scrivo guida la Nba come numero di doppie doppe consecutive (33 and counting), è il miglior rimbalzista della lega con 15.7 RPG e a tutto questo unisce 21.7 PPG con il 44.7% da 3 e l'87 % dalla lunetta, numeri mostruosi per una ala grande- centro.

Rookie of the year: bhè qui ci sono pochi dubbi, anche se in realtà non è un primo anno ma un secondo anno, ma non avendo giocato nemmeno una partita lo scorso anno, ricade nella categoria rookie, sto parlando ovviamente di Blake Griffin, giocatore verticale e devastante come pochi, una all star senza ombra di dubbio che sta viaggiando a 22.6 PPG, 12.8 RPG e 3.5 APG, cifre che lo portano ad essere il miglior prospetto per il futuro in terra LosAngelina e fanno sognare i poveri tifosi Clips. Chissà se con il Barone, il miglioratissimo Eric Gordon e qualche acquisto mirato si ripotranno vedere i Clippers ai playoff? mai dire mai, anche se Sterling finisce sempre per deludermi.

Defensive player of the year: se ragioniamo in ottica Nba, il titolo probabilmente andrà ancora nelle mani di Dwight Howard, rimbalzista e stoppatore senza eguali, ma se analizziamo la difesa non solo come quantitativo di rimbalzi e stoppate, chi meglio di Kevin Garnett può essere l'emblema della difesa?! Da quando è ai Celtics ha rivoltato come un calzino la squadra, ha imposto la sua aggressività e la sua voglia, facendo diventare i Celtics il miglior team dal 2008 ad oggi nella propria metà campo. Infatti anche quest'anno i Celtics sono la miglior difesa NBA assieme agli Hornets e come sappiamo gli attacchi vendono biglietti, le difese vincono le partite, Kobe permettendo...


Coach of the year: senza nemmeno pernsare un secondo dico Tom Thibodeau, l'artefice assieme a Garnett della splendida difesa Celtics dal 2008 al 2010. Ma ora per Tom si è aperta la carriera da head coach, compito che sta svolgendo egregiamente anche ai Bulls ed il record dei Bulls dimostra la qualità del gioco complementare ad una solida difesa.

6th man: resto a Boston e dico Glen Davis per l'impatto che sta avendo dalla panchina, in una stagione iniziata senza Perkins e con un O'Neal a mezzo servizio, il colosso da Louisiana State ha raddoppiato il suo fatturato grazie alle sue sottovalutate doti di mid range shooter e alla difesa rocciosa contro avversari ben più alti di lui.

mercoledì 26 gennaio 2011

Are you ready to fight?


Poteva esserci qualcosa di più affascinante della sfida tra Chicago e Green Bay? Storicamente e romanticamente (passatemi il termine ) direi proprio di no. C’è la rivalità, mai affievolita, tra 2 nemiche di Conference ma c’è anche ben altro: la storia di un cammino compiuto parallelamente ,casco contro casco, fin dagli esordi di questo fantastico sport. Stiamo parlando infatti delle 2 franchige più antiche della NFL , da una parte i Packers fondati nel 1919 dall’altra i Bears che vedono la luce nel 1920 anno in cui nasce il football professionistico americano.

Dopo questo breve excursus, che mi sembrava d’obbligo, veniamo ai tempi nostri; la sfida vede da una parte la difesa Bears, dall’altra l’attacco Packers orchestrato sinfonicamente dall’ impeccabile QB Aaron Rodgers. Sulla carta Green Bay squadra più completa , oltre al già citato attacco può vantare una delle difese d’elite NFL, che trova in Clay Matthews il proprio cardine; dal canto suo Chicago può contare , oltre che sulla propria difesa, sul fattore campo in quanto l’attacco ha dimostrato in più occasioni di non essere ad un livello di eccellenza.

Pronti via Green Bay fa capire ai padroni di casa che non sarà una serata agevole (non che qualcuno in realtà lo pensasse) : drive di 7 giochi ,per 84 yards conquistate ,che culmina con un touchdown.

Rodgers può così alternare giochi di corsa e lanci iniziando a macinare yards su yards e impostando la gara in modo ideale per i suoi compagni. Nei primi due quarti Chicago è spettatrice non pagante della sfida : la difesa, in affanno, cerca di limitare i danni come può con Urlacher che si erge baluardo estremo mentre l’attacco…quale attacco? Non pervenuto. A tratti si ha quasi l’impressione che l’unico modo in cui i Bears possano segnare punti sia attraverso la difesa o gli special team.

Non bastasse questo arriva anche l’infortunio (reale o gonfiato ?) , causa sack subito, al QB Cutler autore fino a quel momento di una gara anonima.

Dentro per Chicago il QB di riserva Collins , anche lui costretto ad arrendersi nel giro di pochi minuti causa botta rimediata; la situazione per gli orsi è alquanto grottesca. Il terzo quarto scorre via tranquillamente con la difesa Bears che prova a salir di colpi con un paio di intercetti che non finiscono nel modo sperato.

Nell’ultima frazione la faccenda si fa più movimentata : a sostituire Collins ci pensa lo spaesato Hanie che comunque ha un discreto 8/14…… in carriera. Il dramma in casa Chicago sembra ormai alle porte quando Taylor con un guizzo porta la palla oltre la linea di meta avversaria dimezzando il distacco.

L’euforia dura poco perché per Green Bay ci pensa Raji, con intercetto e primo Td in carriera ,a ristabilire le distanze.

Ecco il sussulto di Hanie,ormai inatteso, che con un lancio da 35 yds manda a punti Bennet regalandoci un finale emozionante. Potrebbe essere la storia del secolo, il terzo QB che dal nulla porta al superbowl i Bears…roba che ad Hollywood già si stan fregando le mani. Purtroppo per Chicago la sceneggiatura non è quella lieta ed agognata perché Shields si impossessa dell’ovale disperatamente lanciato da Hanie e mette fine alla contesa.

Che dire , Green Bay ha meritato sicuramente di giocare questo Superbowl : attacco superiore in tutto che ha trovato in Rodgers il miglior QB della lega, Brady escluso. Sul versante Chicago è partita la caccia al colpevole che in questo caso è stato individuato piuttosto agevolmente. Cutler accusato da più parti, a fine gara, di scarso attaccamento alla maglia per aver abbandonato la contesa nel momento più complicato in cui il suo apporto era maggiormente richiesto. In poche parole è stata messa in dubbio quella che dall’altra parte dell’oceano viene chiama “toughness”, in senso lato la durezza del giocatore.

I commenti, soprattutto da parte dei colleghi che militano nelle altre squadre (citofonare Asante Samuel su tutti) , sono piovuti addosso a Cutler come grandine ma d’altra parte il mondo NFL, da questo punto di vista ,non è certo tenero. Vedremo se il povero Jay saprà rialzarsi in cerca di riscatto nella prossima stagione. Nel frattempo Green Bay stacca il biglietto per partecipare al XLV superbowl!

Sono giunto al termine…a breve troverete qualche pensiero sull’altra attesissima sfida tra NewYork Jets e Pittsburgh Steelers.

lunedì 24 gennaio 2011

Impressioni di metà stagione




In genere le conclusioni di metà stagione, quando si parla di NBA, si tirano a metà febbraio, quando i giochi si fermano per lasciare spazio alla partita delle stelle. Ma la voglia di parlare di quello che abbiamo visto finora, in una delle stagioni più attese degli ultimi anni, è più forte della tentazione di aspettare ancora un mese.
E allora, proviamo a tirare giù qualche impressione sui 3 mesi di regular season che sono passati sotto i nostri occhi.
Innanzitutto, mai come negli ultimi anni la lotta per il titolo era stata aperta a così tante squadre: tra campioni in carica (i Lakers, che però sembrano in leggero calo) vecchi classici tornati di moda (Boston e Celtics), nuove contender rinvigorite dalle decisioni di fenomeni che hanno portato i loro talenti giù a South Beach, la corsa per il titolo sembra essere quest'anno più avvincente che mai.
Finora, quasi tutte le squadre fin qui citate hanno alternato momenti brillanti e pause fisiologiche. Solo i San Antonio Spurs hanno sempre tenuto, soprendentemente, lo stesso altissimo ritmo, trascinati da un Manu Ginobili che sembra aver preso coscienza del suo ruolo di leader tecnico ed emotivo, da un Tim Duncan che non vuole arrendersi al peso dell'età che avanza, e da un Tony Parker tornato, a livello di cifre, molto vicino al top della sua carriera. Aggiungeteci l'apporto di giovani che sembrano già saggi, come Blair e Hill, e avrete la miscela vincente degli Spurs di Popovich, ad oggi la miglior squadra della Lega. Certo, bisognerà vedere come arriveranno a maggio, se pagheranno la fatica di 82 partite giocate a ritmi sorprendentemente alti se paragonati a quelli cui ci avevano abituati i bianconeri: ma finora, per il titolo dobbiamo assolutamente fare i conti con loro.
Rimanendo ad ovest, la candidata più credibile al ruolo di anti-Spurs è ovviamente la squadra campione in carica. I Los Angeles Lakers stanno vivendo una stagione assolutamente imprevedibile, difficile da leggere e spiegare. Sconfitte interne con squadre nettamente più deboli, vittorie convincenti con squadre difficili da affrontare, prestazioni altalenanti, troppo spesso dipendenti dai capricci di un Kobe che ogni tanto sembra voler rimarcare il possesso della squadra, in risposta a compagni che tendono ad eclissarsi dal gioco. Finchè Pau Gasol ha girato a livelli altissimi, per i Lakers sembrava andare tutto bene; quando il catalano ha avvertito un pò di stanchezza e ha rallentato i ritmi, per i gialloviola le cose si sono messe male. L'impressione è che stiano tirando il freno a mano e nascondendo le carte in vista dei playoff, dove comunque bisognerà tirare fuori il meglio per metterli al tappeto. Certo, se chiuderanno la regular season con un record che non gli garantirà il fattore campo nell'eventuale finale di conference, le chances di fallire aumenteranno esponenzialmente. Riuscirà coach Jackson, al probabile passo d'addio, a rimettere in riga i suoi, come ci ha sempre abituato?
Spostandoci ad est, troviamo in vetta un'altra vecchia conoscenza, la Boston degli "old" big 3, anche se ad oggi risulta davvero difficile non considerare Rondo un big, quindi tanto vale abbandonare la consueta classificazione. Rondo sta dominando letteralmente la classifica degli assistmen (considerazione personale: cifre un pò gonfiate dal modo di giocare di Rondo, che spesso rinuncia a tiri facili o addirittura in contropiede lascia la palla al compagno che lo segue a rimorchio in 2vs0), Allen tira con percentuali quasi irreali, e Pierce e Garnett danno il tocco di carisma ed esperienza che serve per guidare la squadra. Come al solito, in primavera per passare al bollente Boston Garden (perchè a noi non interessano le sponsorizzazioni commerciali delle arene NBA) serviranno coraggio e voglia di sbucciarsi le ginocchia.
A maggio intendono arrivare concentrati anche i "new" big 3, quelli giovani di Miami, che vogliono aprire da quest'anno la loro dinastia. Miami, quando ha vinto, lo ha fatto col botto: la vittoria di Natale a Los Angeles ha dimostrato che se Lebron, Wade e Bosh giocano al loro meglio, è difficile batterli. I problemi, ovviamente, verranno anche qui tra qualche mese.Il basket dei playoff è molto diverso da quello della regular season, e spesso gli isolamenti per le superstar non pagano (chiedere a Lebron che con i suoi Cavs ha inanellato delusioni cocenti proprio per l'impossibilità dei compagni di dargli una mano sostanziosa nel vincere le partite).
Ovviamente anche qui una finale di conference Boston-Miami sarà materiale per palati fini. Provate ad immaginare due finali di conference, a Est e Ovest, tirate fino a gara 7...acquolina in bocca sin da ora.
Ma gli altri? Staranno a guardare? Le outsider sono comunque in agguato: Orlando, Atlanta, Dallas, Oklahoma City, Utah, potranno comunque dare del filo da torcere a chiunque, e probabilmente la lotta per il titolo si deciderà anche in base alle energie rimaste dopo le battaglie dei primi turni; pensate l'anno scorso a quanto i Lakers abbiano faticato per far fuori Durant e soci al primo turno...
Quando arriva aprile?

giovedì 20 gennaio 2011

Lakers World


Ciao a tutti, mi presento, sono Matteo Plazzi, Peo per tutti e in questo blog mi occuperò esclusivamente di NBA ed in particolar modo della realtà "fortunata" Losangelina. Seguo il mondo NBA dal lontano 1999, la stagione del lock out post Jordan ed è stato un amore vero sin dal 1° minuto, sin dal 1° ASB comprato. Poi sono arrivati Kobe e Shaq e il magnifico three peat che ho seguito e divorato grazie all'allora Tele+ e ai mitici commenti di Flavio Tranquillo e Federico Buffa e nella mia memoria resterà indelebile la Finale di Conference 2002 tra i Lakers e i Kings, a mio parere la più bella serie di playoff post Jordan. Dopo avervi annoiato con questo excursus storico, mi dedico all'attualità e all'analisi della situazione in casa gialloviola.

Come tutti sapete in casa Lakers si respira un'aria particolare, siamo di fronte probabilmente all'ultima fatica di coach Phil Jackson, che tenterà di portare a 6 il computo degli anelli vinti a LosAngeles e a 12 il suo totale. Al momento in cui scrivo il record "Purple and Gold" parla di 31W e 13L, insomma un inizio stagione tutt'altro che positivo, visto che le dirette concorrenti sono a 6 e a 3 vittorie di distanza e avere il miglior record nella Lega è molto importante perché garantisce il fattore campo e visti gli andamenti degli ultimi playoff è fondamentale giocare in casa più partite possibili. Ma cosa non ha funzionato in questo inizio stagione? E dire che il roster è stato rinforzato con l'arrivo del bad boy Matt Barnes, salito alla ribalta lo scorso anno per una lite con Bryant e Odom, con il piccolo Steve Blake, playmaker intelligente, adatto alla triple post offense e con Theo Ratliff il centrone dalla secolare esperienza. Un inizio scoppiettante, 8 vittorie consecutive per aprire la stagione, Gasol e Odom dominanti, Bryant che recupera condizione dopo l'intervento estivo al ginocchio e poi a fine novembre il periodo buio, con 4 sconfitte consecutive, un record nell’era Gasol, mai i Lakers avevano perso così tante partite consecutive dal febbraio 2008, anno dell’arrivo di Pau alla corte di Phil Jackson. Alcune sconfitte casalinghe veramente imbarazzanti, contro Indiana, Milwaukee e Memphis in cui la squadra è sembrata spaesata e incapace di difendere, con un Gasol visibilmente stanco e improduttivo e un Artest che (non basterebbero mille parole per descriverlo) dire deleterio è un complimento. Preciso che adoro Ron Ron, un cagnaccio del campo da gioco, un giocatore rude e possente, capace di segnare in ogni modo e che fa della difesa la sua ragione di vita, ma anche un fenomeno mediatico senza precedenti, vedi la bellissima conferenza post titolo e l’ormai famoso “Kobe passed me the ball!!!”. Ma ci sono alcuni aspetti del personaggio che non comprendo, anzitutto l’inspiegabile perdita di 12 kg durante la off season, 12 kg di massa muscolare importanti per un difensore come lui, dedito alla marcatura dei pezzi grossi LBJ, Pierce e Durant, poi la voglia di giocare in NFL e la totale impresentabilità sul rettangolo di gioco. E dire che Odom era partito con la carica giusta, gran medie dal campo, concentrato e produttivo come non mai e non il solito svogliato che decide di giocare a sprazzi. La cosa che mi preoccupa di più è che al momento i Lakers hanno avuto un calendario favorevole in cui hanno affrontato solo 11 volte team con record sopra lo 0.500, vincendo solo 5 volte. Però, cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, la stagione è solo alla metà del cammino, non me la sento di scommettere contro i bicampioni, anche perchè analizzando la situazione dell'anno passato di questo periodo i lacustri contavano lo stesso numero di W e qualche sconfitta in meno (31W-9L per l’esattezza), ma c'è da tener conto che lo scorso anno Bryant mise a referto una serie di buzzer beater vincenti, vedi Heat,Bucks e Kings che riporterebbero il computo W-L al livello odierno.... insomma in questa squadra credo ancora, il talento è tanto e dal ritorno di Bynum il minutaggio di Gasol è sensibilmente calato e l'impatto di Drew si è fatto sentire, parlo di 10W e 3L da quando parte in quintetto!! Il problema quando si parla di Bynum è sempre quello, riuscirà il centrone a concludere una stagione?! Speriamo e probabilmente rivedremo la parata in Figueroa Street. Dopo questa gufata vado a toccar ferro. Saluti dallo Staples

lunedì 17 gennaio 2011




Il trionfo delle difese!
Non ci poteva essere immagine migliore per centrare il comune denominatore delle vittorie che porteranno 2 tra Steelers, Bears,Packers e Jets a giocarsi il Superbowl.
Non vedo l'ora..

domenica 16 gennaio 2011

Jets - Patriots 28-21... New York annichilizza l'america

La legge dei grandi numeri colpisce ancora una volta New England. Dopo l'incredibile sconfitta nel superbowl del 2007 ad opera dei Giants, al quale arrivarono imbattuti, i Patriots crollano ancora una volta senza dare il minimo preavviso.
Erano 3 mesi che Brady non lanciava un intercetto, possibile continuare così?
E' più di un anno che NE non rimane a secco di TD nel primo tempo, prima o poi dovrà succedere?!
L'attacco non perde un colpo, arriverà il giorno nel quale qualcosa in quel meccanismo perfetto si romperà...
Questa, signori, è la legge dei grandi numeri. Ma è quindi questa la causa di tale incredibile upset...?
No, sono i Jets!!!



La partita inizia come era lecito aspettarsi. Sanchez continua a lanciare con poca precisione, proseguendo il momento no che ha attraversato lungo l'intera seconda metà di stagione, nonostante la difesa dei Patriots fin dall'inizio si dimostri più generosa del solito per quanto riguarda il passing game. Sulle corse rimane invece attentissima e Tomlinson può solo raccogliere le briciole. Il primo vero colpo di scena lo mette a segno Brady, lanciando il primo intercetto da qui a 91 giorni fa esatti. Nonostante tutto, questo rimane un errore senza conseguenze, visto che una difesa da incorniciare costringe i Jets al field goal dalle 30 yards circa, sbagliato da Folk.
Vanificata così la cavalcata da 58yd di Harris post-intercetto, il primo quarto si chiuderà con il field goal di Graham dalle 34 che marcherà l'unico vantaggio NE del match.
Dal secondo quarto in poi inizia la partita perfetta di New York. Sanchez torna quello delle prime 8 partite di regular season, non lancerà neanche un intercetto per il resto della partita e chiuderà con un buon 16 su 25 per 194 yd totali, con ben 3 TD pass.
Ha tempo per pensare, è freddo nei momenti cruciali, non butta via un pallone ed evita i blitz in maniera superba. Un grosso aiuto gli arriva da un rinato Tomlinson, quanto mai puntuale nel bucare la difesa bostoniana quando meno se lo aspetta, e soprattutto da Holmes, il quale ancora una volta ci dimostra che la sua carriera è lungi dal terminare.
Ma tutti danno il loro contributo e, infatti, a colpire alla fine del match è l'uniformità con la quale le stats si distribuiscono sui diversi interpreti di ogni ruolo: nessuno raggiunge le 100 yds nè le 5 carries, inoltre ognuno dei 4 TD viene da un diverso giocatore (Tomlinson, Edwards, Holmes e Greene).
Il contributo principale per la vittoria arriva però principalmente dalla difesa. Il defensive end Shaun Ellis è autore di una partita perfetta, condita da due sack su Brady che potevano anche essere 3 con un po' di fortuna. Più di una volta ferma sul nascere le partenze del terribile Woodhead e non sbaglia letteralmente nulla.
Per essere precisi, lasciando momentaneamente in secondo piano l'inizio di terzo quarto, è l'intera difesa che esegue e si muove con una precisione sconvolgente, scegliendo sempre la disposizione migliore per imbrigliare NE e costringere Brady ad inventare dal nulla.
Dall'altra parte, personalmente non avevo mai visto i Patriots così in difficoltà. Vanno al riposo sotto 14 a 3, senza neanche una meta all'attivo, come non succedeva da oltre un anno (l'ultima volta contro i Dolphins), e faticano nel completare ogni singolo down.
Brady chiuderà con addirittura 5 sack, 1 intercetto e 299 yard completate, grazie però a 45 lanci di cui 29 completati. Branch e Welker si fanno vedere solo dal terzo quarto in poi quando il TD e il gioco da 2 punti convertito sembrano rimettere le cose a posto.
I sogni di recupero si infrangono sulla giocata chiave della partita, quella che toglie ogni speranza ai favoriti per la vittoria del Superbowl: Cotchery ritorna il kick dei Patriots sulle loro 12 dopo una corsa di 58 yards; la premiata ditta Sanchez-Holmes farà il resto confezionando un incredibile TD grazie a una strepitosa giocata del vecchio Santonio, che ora incontrerà i vecchi compagni di Pittsburgh.

Buona fortuna allora New York e buona fortuna a Mark Sanchez, secondo anno che si conferma uno dei migliori prospetti nel ruolo attualmente in circolazione. Per lui molti vedono un futuro roseo e luminoso, intanto si consola battendo prima Manning e poi Brady...diciamo che anche il presente non fa schifo, attendendo lo scontro con Big Ben Rothlisberger...
Buone vacanze Patriots!!! Anche quest'anno siete riusciti ad ottenere quello per cui molti di noi lottano o lotteranno nei prossimi anni...vacanze più lunghe di quelle che speravate!!!